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A che gioco giochiamo nel 2010?

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E'questo il titolo di un noto testo di Eric Berne che analizza le scene che accadono tra le persone nella vita di tutti i giorni.  Mi è sembrato un libro generoso di buoni spunti per sviluppare sinceri auspici per l'anno che verrà. In particolare, mi interessa il gusto del gioco come terapia di conforto in mondi instabili e altamente resistenti.

Come si eliminano i mali? Concentrandosi sulle qualità creative piuttosto che su quelle distruttive. Sappiamo che lamentarsi non serve. Allora facciamo un gioco e scoviamo le buone abilità vantaggiose. Sapere giocare ed avere fortuna invece serve.

Serve nel lavoro strategico della programmazione a grande e piccola scala, serve nella competizione economica, nell'agonistica per avere la spinta giusta, nella produzione scientifica per estrarre invenzioni e scoperte dal velo dell'ignoto. Può servire anche per trovare una liana improvvisa nel caos quotidiano, sapere giocare può spalancare una prospettiva nello stallo e produrre un'alchimia imprevista nelle dinamiche ricorrenti.

In ogni caso stiamo giocando tutti e abbiamo già messo in gioco diverse carte.  In  quale gioco ci troviamo? Impegniamoci a riconoscerlo e proviamo ad accreditarci con franchezza il ruolo che ci assegniamo o quello in cui ci sentiamo intrappolati. E' un passo utile nell'ambito del settore pubblico, nell'arena delle decisioni. Quale è la posta in gioco?

Per quest'isola e le sue isolette è il comune desiderio di risveglio.

Si tratta di trovare il modo per superare la linea degli "impedimenti" e frequentare uno spazio nuovo attraverso prove di incursioni. Sono necessarie alcune competenze e abilità per reggere il cambiamento e attivare un gioco di squadra in alternativa al gioco dei singoli. Il passaggio non è immediato, ma i singoli possono scegliere tra due giochi: recitare da copione o mettersi in gioco.

L'impedimento più radicato è l'antagonismo, cioè la continua ed ostinata volontà di non esprimere conferma da parte degli altri verso chi prova a fare qualcosa, in modo che comunque prevalga lo sfinimento e la rinuncia.

Rovesciamo il punto di vista: convertiamo l'antagonismo nel principio ricostituente e corroborante per chi vuole sentire il futuro nel sangue. L'arena decisionale diventa un campo di gioco dove il più innocuo svago è il passatempo. Possiamo cimentarci nell'intervallo tra il 2009 che se ne è andato e il 2010 che è appena arrivato per passare queste festività con un intrattenimento molto comune. Scegliamo il passatempo: il cruciverba o lo scarabeo?

A gioco concluso, i due quadrati sono zeppi di parole che si incrociano e caselle nere o vuote che le separano. Apparentemente il risultato di entrambi i giochi è identico e non conoscendoli si sarebbe portati a pensare che siano lo stesso gioco. Invece sono assolutamente opposti i modi di giocare.

Nel cruciverba un abile artefice ha prodotto uno schema con definizioni; al solutore o ai solutori spetta la perizia di compilare il quadro voluto da qualcuno. C'è un'abilità individuale che non crea nulla di nuovo. In pratica, si ricalca il copione.

Nel gioco dello scarabeo ogni giocatore ha in sorte alcune lettere. Con quelle che ha deve scrivere parole di senso compiuto, il più possibile lunghe per fare più punti. Ci vuole fortuna nel pescare lettere utili, ma ci vuole intuizione per formare vocaboli corretti con unità di sillabe. Ogni giocatore battezza a turno le sue parole ed incrementa il punteggio personale. Così facendo tuttavia permette anche agli altri di inserire alcune lettere tra le sillabe già battezzate e, l'abilità del giocatore, sta nello sfruttare quello che c'è in campo per reinterpretare parti di parole introducendole in nuovi vocaboli, a loro volta in grado di incrociarsi con senso. Questi giocatori fanno più punti degli altri perché sommano punteggi di lettere in loro dotazione con quelle già posizionate e appartenute ad altri giocatori.

Il gioco si compone e si espande sul campo grazie alla competenza del complesso dei giocatori e il risultato del quadro di insieme non è conosciuto a priori ed è imprevedibile. Quando non vi sono più lettere da usare il gioco finisce. Nel passatempo si può sfruttare l'antagonismo che serve per cercare di fare meglio. Si sviluppa un risultato d'insieme che non è ancora collegato ad una performance di squadra ma i giocatori, pur giocando ancora per se stessi, mettono in atto un apprendimento cooperativo. Ognuno impara dagli altri parole che non conosceva e che potrà usare  nelle partite future. Il vincitore sente di avere applicato le proprie qualità ed è riconosciuto dagli altri che lo confermano. Con partite successive usciranno nuove parole e alternanze tra i vincitori.  

Giocare con senso aiuta a mettere in fila buoni pensieri. Sono questi i migliori antidoti agli impedimenti. Allora nel 2010 vogliamo provare a giocare a scarabeo?  

Franca Zanichelli - Direttore Parco Nazionale Arcipelago Toscano

 

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