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I cetacei

Il tratto di mare dell’Arcipelago Toscano ricopre un particolare interesse dal punto di vista cetologico tanto che, nel 1999, è stata istituita una zona di tutela biologica definita "Santuario Internazionale dei Cetacei".  http://www.sanctuaire-pelagos.org

Questa zona è definita da due linee immaginarie: una ad ovest da Punta Escampobariou (Principato di Monaco) a Capo Falcone (costa occidentale della Sardegna), l’altra ad est da Capo Ferro (costa nord orientale della Sardegna) a Fosso Chiarone (costa meridionale Toscana). L’immensa area, di circa 100.000 Km2, è tutelata dalle vigenti norme che regolano i tipi di pesca e, in modo particolare, dispongono il divieto totale d’utilizzo di reti derivanti. Non è un caso che l’Arcipelago toscano sia stato inserito nel Santuario, infatti, solcando le sue acque, con una buona dose di fortuna e se si scruta il mare con attenzione, si può avere la possibilità di avvistare alcune delle 19 specie di mammiferi marini viventi nel Mediterraneo.

Si può veder soffiare l’immensa balenottera comune (Balaenoptera physalus), lunga circa 20-22 metri e di colore grigio ardesia, che si riconosce per la testa a cuneo e per il suo profilo di galleggiamento. Se le condizioni del mare sono propizie, è possibile veder emergere anche il maestoso capodoglio (Physeter macrocephalus), con il suo corpo grigio scuro che può raggiungere i 18 metri di lunghezza, caratterizzato dalla testa enorme  squadrata  e il caratteristico soffio piegato in avanti a sinistra. I più fortunati possono poi incrociare la rotta dello schivo zifio (Ziphius cavirostris), animale di circa 5-7 metri, di colore variabile da grigio a caffellatte, che la maggior parte delle volte passerà a pochi metri di distanza con una sorta di sorriso a "becco d’oca". E’ possibile osservare anche il grampo (Grampus griseus), dal caratteristico corpo ricoperto di graffi, mentre appare e scompare immergendosi per cibarsi di calamari, e il curioso globicefalo (Globicephala melas), lungo 6-7 metri, di color ebano, che mostra una peculiare forma della testa da cui deriva il suo nome. Ma se in lontananza si avvista un gruppo di delfini che saltano giocosi fuori dall’acqua, ci sono buone probabilità che si tratti della piccola (circa 2 metri) stenella striata (Stenella coeruleoalba) dal corpo slanciato, di colore grigio scuro sul dorso che sfuma nel bianco del ventre ed è percorso da strisce scure sui fianchi. Un dorso nero ed uno strano disegno a clessidra sui fianchi appartengono invece al delfino comune (Delphinus delphis) specie purtroppo ormai rara nonostante il nome faccia presagire il contrario. Un ulteriore incontro può essere quello con la specie più conosciuta fra questo gruppo di animali, il tursiope (Tursiops truncatus), delfino conosciuto dal grande pubblico perché esibito in acquari e delfinari. Il primo a comprendere la vera natura dei cetacei fu Aristotele (384-322 a.C.), il quale osservò che questi esseri viventi non erano pesci, ma animali che come il cavallo e l’uomo partoriscono figli vivi e li allattano.  Nonostante la simpatia che li circonda,  le attività dell’uomo sono per loro causa di molteplici problemi. La pesca accidentale e le collisioni con le imbarcazioni, negli ultimi due secoli, hanno portato sull’orlo dell’estinzione diverse specie; l’inquinamento chimico, inoltre, intossica e altera la loro fisiologia e l’inquinamento acustico interferisce con le loro attività sociali ed alimentari.

 

http://www.sanctuaire-pelagos.org/It/sensibilizzazione-it/opuscolo

Approfondimento

Con il nome cetacei, dal greco ketus (mostro marino) e dal latino cetus (grande animale marino), si identifica quel gruppo di animali i cui rappresentanti più significativi sono le balene e i delfini. Appartenenti alla classe dei mammiferi discendono dai primitivi Mesonichidae, una famiglia di ungulati (gruppo delle mucche ed affini), che avevano le dimensioni di un cane e vivevano sulle rive della Tetide. L’ordine dei cetacei si suddivide in due sottordini: quello dei misticeti, muniti di fanoni, e quello degli odontoceti, dotati di denti. Due differenze che sono determinate dall’adozione di due strategie alimentari diverse. I misticeti, infatti, grazie alle dimensioni, alla conseguente enorme cavità boccale e alla presenza dei fanoni, che sono lamine sottili che pendono dalla bocca, si alimentano di piccole prede filtrando l’acqua di mare. Gli odontoceti invece, localizzano le prede grazie a un "biosonar", e le afferrano singolarmente come se avessero una pinza, grazie alla bocca munita di denti. Le loro dimensioni sono variabilissime e vanno da 1,2 m della focena comune ai 27 m della balenottera azzurra.

Per adattarsi alla vita marina hanno dovuto modificare le loro caratteristiche morfologiche. Gli arti anteriori si sono trasformati in pinne pettorali, mentre gli arti posteriori sono invece scomparsi, così come il collo. E’ comparsa la pinna dorsale sul dorso, non sorretta da ossa, con funzione stabilizzatrice. La coda si è allungata e ai suoi lati, nella parte terminale, si sono formati due lobi orizzontali, originando così la pinna caudale, la quale funziona da organo principale di propulsione. Sono state eliminate le sporgenze lungo il profilo del corpo, come i padiglioni auricolari che sono scomparsi, mentre i genitali e le mammelle sono state accolte in tasche cutanee. Per lo stesso motivo è sparito il pelo, perdendo in acqua la funzione di trattenere calore. Per conservare il calore invece hanno sviluppato uno strato di grasso sottocutaneo, il "pannicolo adiposo", con funzione termoisolante. Le narici, per facilitare la respirazione, si sono spostate dall’estremità del muso verso la sommità del capo, diventando i cosiddetti "sfiatatoi". Queste aperture, dotate di valvole per impedire l’ingresso di acqua, nei misticeti, cetacei con i fanoni, sono rimaste duplici, mentre negli odontoceti, cetacei con i denti, convergono in un'unica fessura.

La vita dei cetacei si svolge completamente in mare. Vivono sia in gruppi, in un complesso sistema sociale organizzato, come nel "clan" delle orche (Orcinus orca), sia solitari, incontrandosi solo per gli accoppiamenti. Il periodo degli accoppiamenti è variabile, tra la primavera e l’estate, con qualche stralcio in autunno. In questi periodi, può esserci competizione fra i maschi allo scopo di garantirsi un maggior successo riproduttivo. Tale competizione può essere vocale, come nelle megattere (Megaptera novaeangliae) o fisica come nei capodogli (Physeter macrocephalus). Ma in alcuni casi può esistere anche cooperazione fra maschi, come nella balena franca (Eubalaena glacialis). La gestazione va dai 9 ai 18 mesi e si conclude con il parto in mare di un solo piccolo. Questo rimarrà con la madre per un periodo variabile da qualche mese a diverse stagioni, e raggiungerà la maturità sessuale solo dopo molti anni (in alcuni casi, nei maschi di capodogli, arriva addirittura a 21 anni). La longevità è da porre in relazione con la taglia: la piccola focena comune può arrivare a vivere fino a circa 15 anni, mentre l’immensa balenottera comune raggiunge i 90 anni.

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